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I pazienti sono in grado di capire la qualità di un trattamento? Considerazioni

Il testo di seguito riportato è un estratto dell’artricolo “Asimmetria informativa nella relazione tra dentista e paziente” scritto dal Dott. Gabriele Vassura e pubblicato integralmente a questo link: dentistamanager.it/asimmetria-informativa-dentista-paziente

Molti colleghi sono ancora convinti che essere dei bravi dentisti sia sufficiente per essere riconosciuti come tali e anche per avere successo nella professione. Ebbene questo convincimento purtroppo ai giorni nostri è pura illusione, profondamente sbagliato, con buona pace per i sani insegnamenti dei nostri nonni anche se assolutamente corretti.

L’espressione “la qualità prima o poi paga” con cui siamo cresciuti, è una favola che ci hanno raccontato e ci raccontiamo per poter sperare nel futuro e per allontanare il sospetto che le forze del male, qualche volta, possano anche prevalere sul bene.

Nel contesto sociale in cui operiamo, visto il costante bombardamento mediatico e data la mostruosa mole di messaggi veicolata dalla rete, si dovrebbe opportunamente modificare la frase in “la qualità percepita prima o poi paga”.

Il significato è da ricercare principalmente nelle attese del paziente: se ciò che il paziente riceve corrisponde a ciò che si aspettava di ricevere le sue “aspettative” possono dirsi soddisfatte. In caso contrario no. E questo è assolutamente indipendente dalla qualità della prestazione che abbiamo effettuato, ma può essere, invece, messo in relazione ad una molteplicità di fattori di contesto che nulla hanno a che vedere con la capsula o la devitalizzazione eseguite a regola d’arte. Vogliamo dare uno sguardo veloce a queste variabili di contesto? Un breve elenco: cortesia del personale, efficienza nei servizi di segreteria, estetica degli arredi dello studio, comodità di parcheggio, personalizzazione del servizio, aspetto fisico degli operatori, profumo degli ambienti, colore delle divise, ecc..

Ebbene, esiste una consolidata tradizione in microeconomia che distingue i beni che possono essere compravenduti sul mercato (nel senso più esteso del termine) in tre categorie differenti:

La prima categoria corrisponde ai cosiddetti beni ispezione. Sono considerati beni ispezioni quelli che possono essere valutati oggettivamente da una persona comune prima di essere acquistati. Questi possono essere misurati o pesati, se ne può valutare il colore, la forma, le dimensioni o perfino il profumo o il sapore. Tutte queste caratteristiche consentono all’acquirente di confrontare il bene che sta per acquistare con l’idea del bene di cui era in cerca. Altresì in questi casi è facile commisurare la qualità del bene proposto per l’acquisto con il prezzo che viene richiesto dal venditore e, quindi, anche con il valore che ogni individuo può attribuire al bene stesso. Fanno parte di questa categoria beni “oggetto” come una penna, un computer, una automobile.

La seconda categoria è costituita dai beni esperienza. Appartengono a questa famiglia quei beni che noi abitualmente definiamo servizi: una cena al ristorante, un corso di inglese. In questi casi il risultato dell’attività di compravendita è il beneficio che il cliente ricava da una attività personalizzata svolta da altri a suo favore. La caratteristica dei beni esperienza o servizi è rappresentata dal fatto che difficilmente possono essere valutati in anticipo rispetto all’acquisto, ma una volta che se ne ha fruito il cliente, a posteriori, è in grado di giudicare il valore di ciò che ha acquistato e quindi confrontarlo con ciò che ha speso in senso lato. Tipicamente, l’esperienza del servizio che si acquista ha un feed back positivo o negativo sulle scelte future a riguardo del fornitore e per quanto tali scelte siano basate sulla soggettività del giudizio hanno comunque un fondamento reale e legittimo.

La terza categoria è rappresentata dai beni credenza ed in questa categoria sono ricomprese le prestazioni professionali vere e proprie, siano quelle del dentista o di un medico in genere. Questi beni sono definiti credenza perché né prima di acquistarli, né dopo averli acquistati, il cliente è in grado di giudicare la qualità di ciò che acquista. Ciò dipende dal fatto che il bene acquistato, per essere valutato in termini di qualità, richiede delle competenze specifiche così raffinate da essere possedute solo dal venditore, ovvero dal professionista. In questi casi il cliente non può fare altro che fidarsi del venditore stesso oppure di un altro venditore in concorrenza con il primo. Perciò, e solo per questo motivo, originariamente le professioni erano protette: perché la comunità (Stato) avvertiva la necessità ed il dovere di tutelare i propri membri (pazienti) facendosi garante della qualità e della serietà di alcuni venditori (dentisti) attraverso l’istituzione dei cosiddetti Albi professionali. Stante l’impossibilità del mercato di fare giustizia di venditori scorretti o incapaci la professione era regolamentata dall’alto, fornendo d’ufficio un elenco di quelli che potevano garantire requisiti minimi e sufficienti di qualità: ecco da dove provenivano codice deontologico, ordini professionali, tariffario minimo, rapporto fiduciario, divieto di costituirsi in società, numero chiuso e molte altre caratteristiche delle libere professioni che, in nome di un maldestro e scriteriato liberismo, sono state completamente cancellate.

Di fatto, oggi, lo scenario del mercato odontoiatrico è dominato dal caos proprio perché il cliente è disorientato dalla mancanza di punti di riferimento credibili ed indipendenti, non è in grado di decidere in autonomia, confonde la prestazione professionale con il servizio (o peggio ancora con l’oggetto, come una protesi oppure un apparecchio ortodontico) ed è vittima di tutti quei venditori che alimentano l’equivoco tra beni ispezione, esperienza e credenza per ragioni di profitto.

I pazienti sono in grado di capire la qualità di un trattamento? Considerazioni

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